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venerdì 12 ottobre 2012

108 miliardi di sofferenze


Oltre 300 miliardi di euro in titoli di stato italiani sono stati venduti in silenzio senza tanta pubblicità dai detentori non residenti. Stiamo parlando di una silenzioso smobilizzo di governativi italiani a colpi di oltre 50 milioni al giorno. Circa due anni fa la percentuale di detenzione dei titoli di stato italiano in mano ai non residenti superava il 45%, oggi invece siamo scesi al 30%. In borsa ti devi sempre chiedere da chi stai comprendo e perchè e a chi stai vendendo e perchè. Pertanto chi ha comprato questo 15% di flottante di debito italiano che è girato di mano in meno di 18 mesi?  Tralasciando una piccola parte di italiani che hanno voluto fare i patrioti, il grosso lo hanno comprato le banche italiane (sappiamo anche in che modo hanno foraggiato la provvista), sia le grandi che le piccole.

Sentiamo spesso proporre il riacquisto del debito da parte degli italiani, in modo da sottrarlo alla speculazione finanziaria o al giudizio delle agenzie di rating: questo sarebbe realmente auspicabile se i detentori finali fossero solo persone fisiche, ma diventa profondamente inquietante se i detentori finali diventano in misura rilevante gli istituti di credito italiani.
I titoli di stato potrebbero diventare mine vaganti dentro i bilanci degli istituti: e questa considerazione non è poi così tanto insensata, pensate solamente al caso MPS, la banca con il maggiore quantitativo di titoli di stato in portafoglio.

In vero per quanta pubblicità e propaganda contraria si faccia, il nostro sistema bancario non è caratterizzato al momento da credenziali molto confortanti. Negli ultimi due anni sono migliorati solamente i coefficienti di patrimonialità (Core Tier 1 superiore al 9%), anche grazie a mega aumenti di capitale (quasi imposti dall'EBA) e cessione di attività strategiche (deleveraging). Tuttavia le banche italiane hanno subito una notevole contrazione della redditività (ROE) e, aspetto molto più preoccupante, si trovano tra le prime della classe per ammontare di crediti deteriorati con 108 miliardi di sofferenze accertate su oltre 1.800 miliardi di finanziamenti (attenzione che questi dati si riferiscono al 2011, l'anno in corso dovrebbe essere ben peggiore). In aggiunta a questo abbiamo anche l'elevato rapporto prestiti su depositi, oltre il 140%, molto in sintonia con i valori delle banche greche o portoghesi (135% e 125%) e molto lontani da quelle tedesche (70%), francesi (100%) o addirittura spagnole (110%).

Sostanzialmente per leggere con maggiore semplicità queste statistiche significa che la percentuale di crediti di dubbia esigibilità in Italia (come dato medio) si attesta quasi al 10%, contro una media europea del 4%, peggio di noi stanno solo i greci (la virtuosa Germania si attesta al 2%). Adesso capite perchè alcuni istituti pagano la raccolta nuova anche al 5% se vincolata a più anni, adesso capite perchè sono necessari programmi di contenimento e ristrutturazione dei costi opertivi con licenziamenti ed esuberi che prima non si erano mai visti. Adesso capite perchè molte banche hanno subito un pesante downgrade che le ha trasformate in banche dal rating “speculative” contro il precedente e rincuorante “investment grade”. Adesso capite, nonostante la nostra proverbiale maestria italiana a trovare soluzioni e risolvere i problemi quando ormai siamo con l'acqua alla gola, perchè vi sono grandi operatori che non si fidano dell'Italia e delle sue banche, o proprio non ci credono. Cosa aspettate allora: fuggite sciocchi.

E. Benetazzo

fonte: eugeniobenetazzo.com


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