di Giuseppe Trucco
Il prezzo dei metalli preziosi sta calando sensibilmente e per le prime miniere già è tempo di chiudere i battenti. Ho spiegato in un precedente articolo
che il costo medio di produzione inclusivo di tutte le voci è pari,
grosso modo, al prezzo corrente del metallo giallo. Ma siccome i costi
di creazione della miniera sono impossibili da recuperare, una
miniera tendenzialmente verrà chiusa solamente in presenza di un prezzo
dei metalli preziosi che sia addirittura inferiore ai costi vivi di
produzione.
(...)
Abbiamo i primi segnali di resa del settore, le prime miniere che stanno chiudendo, se il prezzo dei metalli preziosi non recupera presto, la mia previsione è che molte altre miniere seguiranno l’esempio di queste prime che hanno chiuso. Vediamo chi ha “aperto le danze”.
A marzo è Kinross Gold ad annunciare che nel secondo semestre del 2013 sospenderà “temporaneamente” le operazioni alla miniera di oro ed argento di La Coipa nel nord del Cile. Anche se trattasi di una miniera molto più piccina, anche Wesdome Gold non è da meno, e sospende la produzione nella miniera aurifera canadese Kiena.
Ad aprile è US Silver and Gold ad annunciare la chiusura della storica miniera Drumlummon nel Montana. Poco più tardi Tanami Gold comunica di voler mettere in stand-by la miniera australiana Coyote, lasciando a casa 150 lavoratori.
A giugno è Golden Minerals a chiudere la produzione di argento ed oro alla miniera Velardena in Messico, lasciando a casa quasi 500 minatori.
Non sono solo le miniere d’oro e d’argento a suscitare questi desideri nichilisti e fantasie di morte ai manager delle compagnie, ma anche quelle di platino del Sud Africa, benché in questo caso non sia solo una questione di prezzo: Anglo American sta considerando la possibilità di chiudere una o più miniere di platino della partecipata Anglo Platinum, lasciando disoccupati 14mila minatori, ma credo abbia finora temporeggiato per via delle minacce di revoca delle sue licenze (cioè nazionalizzazione) delle altre sue miniere in Sud Africa. Meno timida è stata Eastern Platinum che ha deciso questo mese di mettere “on care and maintenance“ la sua Crocodile River Mine, cessando le operazioni già dal prossimo luglio, onde frenare l’emorragia di denaro che le perdite stavano provocando alla compagnia, il cui titolo è ormai allo stremo.
Quali potrebbero essere le conseguenze di queste chiusure? Semplice: la riduzione dell’offerta di oro, argento e platinoidi. Può questo essere sufficiente per determinare un aumento del prezzo? No, occorre che la domanda non cali a sua volta. E’ possibile quest’ultima ipotesi? Secondo me è quasi impossibile se parliamo di argento e platinoidi, improbabile ma non impossibile se parliamo di oro (infatti la produzione annuale di oro è pari ad appena il 2% dello stock di lingotti gialli già esistenti). Nel caso dell’argento e dei platinoidi in sostanza, mi sento di poter dire che il mercato sta probabilmente sottovalutando i fondamentali di questi metalli, credo che ai prezzi attuali essi si comprino bene. Nel caso dell’oro sospendo il mio giudizio di parte, ammetto, socraticamente, che so di non sapere. Una cosa la so però, mentre molti vendono ci sono tanti cittadini cinesi in fila davanti ai negozi che lo vogliono comprare.
articolo completo su: www.truccofinanza.it
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Abbiamo i primi segnali di resa del settore, le prime miniere che stanno chiudendo, se il prezzo dei metalli preziosi non recupera presto, la mia previsione è che molte altre miniere seguiranno l’esempio di queste prime che hanno chiuso. Vediamo chi ha “aperto le danze”.
A marzo è Kinross Gold ad annunciare che nel secondo semestre del 2013 sospenderà “temporaneamente” le operazioni alla miniera di oro ed argento di La Coipa nel nord del Cile. Anche se trattasi di una miniera molto più piccina, anche Wesdome Gold non è da meno, e sospende la produzione nella miniera aurifera canadese Kiena.
Ad aprile è US Silver and Gold ad annunciare la chiusura della storica miniera Drumlummon nel Montana. Poco più tardi Tanami Gold comunica di voler mettere in stand-by la miniera australiana Coyote, lasciando a casa 150 lavoratori.
A giugno è Golden Minerals a chiudere la produzione di argento ed oro alla miniera Velardena in Messico, lasciando a casa quasi 500 minatori.
Non sono solo le miniere d’oro e d’argento a suscitare questi desideri nichilisti e fantasie di morte ai manager delle compagnie, ma anche quelle di platino del Sud Africa, benché in questo caso non sia solo una questione di prezzo: Anglo American sta considerando la possibilità di chiudere una o più miniere di platino della partecipata Anglo Platinum, lasciando disoccupati 14mila minatori, ma credo abbia finora temporeggiato per via delle minacce di revoca delle sue licenze (cioè nazionalizzazione) delle altre sue miniere in Sud Africa. Meno timida è stata Eastern Platinum che ha deciso questo mese di mettere “on care and maintenance“ la sua Crocodile River Mine, cessando le operazioni già dal prossimo luglio, onde frenare l’emorragia di denaro che le perdite stavano provocando alla compagnia, il cui titolo è ormai allo stremo.
Quali potrebbero essere le conseguenze di queste chiusure? Semplice: la riduzione dell’offerta di oro, argento e platinoidi. Può questo essere sufficiente per determinare un aumento del prezzo? No, occorre che la domanda non cali a sua volta. E’ possibile quest’ultima ipotesi? Secondo me è quasi impossibile se parliamo di argento e platinoidi, improbabile ma non impossibile se parliamo di oro (infatti la produzione annuale di oro è pari ad appena il 2% dello stock di lingotti gialli già esistenti). Nel caso dell’argento e dei platinoidi in sostanza, mi sento di poter dire che il mercato sta probabilmente sottovalutando i fondamentali di questi metalli, credo che ai prezzi attuali essi si comprino bene. Nel caso dell’oro sospendo il mio giudizio di parte, ammetto, socraticamente, che so di non sapere. Una cosa la so però, mentre molti vendono ci sono tanti cittadini cinesi in fila davanti ai negozi che lo vogliono comprare.
articolo completo su: www.truccofinanza.it
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