Rapporto sulla crisi sistemica globale 
Secondo semestre 2013:  la realtà o 
l'anticipazione del crollo del dollaro obbligano il mondo a 
riorganizzarsi su nuove basi
Così come la 
crisi dell'Euro ha spinto l'Europa a modernizzare la sua 
politica di gestione economica e finanziaria per potersi adattare alle sfide del XXI secolo, la terribile crisi del dollaro obbligherà il pianeta a 
trasformare l'intera struttura amministrativa mondiale, a cominciare dal sistema monetario internazionale, se si vorrà riuscire a calmare la 
tempesta che si appresta a scoppiare fra le valute.
Secondo le nostre anticipazioni questa riorganizzazione, che 
comincerà a concretizzarsi solo a partire dal G20 di settembre, rischia di dover invece avvenire molto prima; 
la nostra 
equipe prevede infatti i primi grandi sconvolgimenti della moneta 
statunitense già a partire dal marzo-giugno 2013.
Una frase di Antonio Gramsci descrive magnificamente il lungo e 
pericoloso periodo di transizione che stiamo vivendo attualmente: "Il 
vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo 
chiaroscuro nascono i mostri".
Questo periodo, alla fine, sta terminando, ma i mostri si agitano ancora.
Non è una sorpresa affermare che uno dei principali fattori che 
accelereranno il declino dell’influenza statunitense sul resto del 
mondo, è legato al petrolio. Stiamo infatti assistendo agli ultimi giorni dei petrodollari, elemento chiave della dominazione USA.
In questa comunicazione pubblica del rapporto GEAB n. 72, la nostra squardra ha 
scelto di presentare una serie di indici convergenti sulla crisi che la 
vedranno al suo 
massimo stato di allerta in quanto "crisi sistemica 
globale" per il periodo marzo-giugno 2013.
Una raffica di segni inerenti alla crisi, ovvero perché consideriamo lo stato di allerta riferito al periodo marzo-giugno 2013.
Dall’ultimo mese a oggi, la linea di convergenza dei 
principali indici di tendenza che annuncia l’approssimarsi di una 
catastrofe per il periodo marzo-giugno 2013 si è ulteriormente 
rinforzata.
Innanzitutto la “guerra delle valute", che sta assumendo
 una dimensione politica ed inizia a minare la fiducia reciproca dei 
paesi. Qui di seguito svilupperemo la nostra analisi al proposito.
Ma non vanno sottovalutati neppure i numerosi indici interni che 
dovrebbero far suonare a martello le campane di allarme al riguardo 
degli Stati Uniti.
Con la decisione di effettuare in tempi diversi la discussione sui 
tagli al budget / aumento delle tasse e quella relativa al tetto del 
debito, gli americani hanno raddoppiato lo scossone in arrivo: ce 
n’era uno solo a fine febbraio / inizio marzo, ora se ne è aggiunto un 
altro a maggio.
Questa separazione rivela in modo chiaro la strategia dei 
repubblicani. Sicuramente eserciteranno una forte opposizione 
all’innalzamento del tetto del debito con lo scopo di diminuire 
ulteriormente la spesa, ma alla fine si sentiranno obbligati a votare 
comunque per un aumento del tetto per non correre il rischio di essere 
ritenuti responsabili per il disastro che potrebbe seguire ad un default.
In ogni caso, con questi tagli di bilancio ai primi di marzo, e dopo 
una "sorprendente" e in gran parte ignorata caduta del PIL statunitense 
nel quarto trimestre del 2012.
Il probabile annuncio per la fine di aprile di una nuova caduta 
degli Stati Uniti nella recessione (due trimestri consecutivi di calo 
del PIL) farà sicuramente la sua brava impressione sull'economia 
mondiale.
Fortunatamente è stata approntata una "diga" per evitare queste onde:
 per esempio, ad Egan Jones, un'agenzia di rating del credito meno nota 
delle sue tre sorelle maggiori (quella, per intenderci, che ha già 
declassato gli Stati Uniti ad AA- per tre volte), è stato proibito di 
valutare il rating del paese per 18 mesi, che bella coincidenza!
Inoltre è in corso un’azione legale nei confronti di una fra le 
tre principali agenzie di rating del credito, S&P, l'unica delle tre
 che abbia avuto il coraggio di effettuare il downgrade degli Stati 
Uniti: una seconda felice coincidenza!
Così gli altri sono avvisati: devono solo stare attenti a come muovono i loro passi.
Questa "diga", sebbene inutile, rivela peraltro che il il livello di 
paura è ai suoi massimi per quanto riguarda il 2013, 
e questo è solo un 
ulteriore segno dell’imminenza di un grosso scossone.
E' anche in questa prospettiva che va considerata la decisione presa 
il primo gennaio 2013, ovvero quella sulla garanzia di credito illimitata 
assicurata dalla FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation): 
essendo la garanzia ora estesa solo fino a 250mila dollari, non 
sarebbero più garantiti i 1.400 miliardi di dollari, cosa che, in 
caso di problemi, potrebbe convenientemente evitare il fallimento della 
FDIC ...
Pare inoltre che gli addetti ai lavori della finanza mondiale si
 stanno preparando: enormi puntate a breve sono state collocate con le opzioni per 
scadenze fino alla fine di aprile; due banche svizzere stanno 
cambiando il loro status in modo che i loro partner non siano più 
personalmente responsabili per le perdite della banca; Eric 
Schmidt ha venduto 2,5 miliardi di dollari di azioni di Google; ecc.
Ma non sono solo i mercati che si stanno preparando al peggio.
Il governo stesso degli Stati Uniti pare si aspetti lo scoppio di 
disordini e grandi violenze: tanto è vero che prima di tutto ha armato 
il suo dipartimento di sicurezza interna (Department of Homeland 
Security) con 7mila fucili d'assalto e decine di milioni di cartucce; quindi Obama, con grande 
disappunto di una parte dell'opinione pubblica degli Stati Uniti, ha 
firmato una legge che permette la pura e semplice “esecuzione” di coloro
 che possano rappresentare una "minaccia imminente": una 
definizione inquietante anche perché vaga ...
Fallimenti bancari: verso una «islandizzazione» della gestione della crisi bancaria
Di fronte a questo possibile shock, il nostro team ritiene che la 
maggior parte dei paesi, compresi gli USA, potrebbero prendere 
in considerazione di applicare alla gestione della crisi uno "stile 
islandese", ovvero: rinunciare al salvataggio delle banche per farle 
collassare.
Ne abbiamo già avuto un anticipo con la liquidazione della banca 
irlandese IBRC, cosa che ha messo in testa alla gente molte idee: "come 
l'Irlanda ha liquidato i suoi albatros bancari in una sola notte".
Questa possibilità appare sempre più essere la soluzione in caso di
 una ricaduta delle banche, e questo per i seguenti motivi: - in primo 
luogo, a giudicare dalla ripresa islandese, sembra molto più efficace 
dei piani di salvataggio posti in essere nel 2008-2009; - in secondo 
luogo, in tutta verità, i paesi non hanno abbastanza risorse per 
finanziare nuovi salvataggi; - infine, non si può negare che potrebbe 
essere davvero una grande tentazioni per i leader politici: liberarsi in
 un modo popolare di una parte dei debiti e dei "titoli tossici" che 
ingombrano la loro economia.
Queste banche "troppo grandi per fallire" si sono infatti rimpinzate 
di debito occidentale pubblico e privato dal quale hanno ottenuto tutti i
 loro profitti e tutto il loro potere.
Nei GEAB passati la nostra equipe aveva già stabilito una possibile 
similitudine fra una banca come la Goldman Sachs (per esempio) e i 
Cavalieri Templari: un ordine militare medievale che, speculando sulle 
spalle delle nazioni di allora, era cresciuto diventando incredibilmente
 ricco, e aveva stimolato in re Filippo il Bello di Francia la 
tentazione di deciderne la fine e sequestarne l'oro per rimpinguare le 
casse dello Stato. Cosa che effettivamente avvenne il 13 ottobre 1307.
E' possibile quindi individuare alcune delle 
tendenze attualmente in corso: gli sforzi che alcuni Stati stanno 
compiendo per spingere le banche a separare i fondi per gli investimenti
 dai depositi bancari sarebbe infatti il tentativo di garantire che
 eventuali difficoltà nei primi non abbiamo troppo impatto sui secondi.
Lungo la stessa linea di ragionamento, tutte le cause in cui sono attualmente coinvolte alcune grandi banche (per 
esempio Barclays), possono anche essere viste come un mezzo per 
recuperare da loro il denaro per poi iniettarlo nuovamente nelle casse degli 
stati o nell'economia reale...
I responsabili politici dei principali paesi, probabilmente, non se la sentiranno di 
prendere la decisione di far "saltare in aria" una banca; se una certa indulgenza potrebbe essere mostrata nei riguardi di 
coloro che sono "troppo grandi per fallire", come per esempio la Bank of 
America che attualmente pare essere in difficoltà, certo è che le 
responsabilità per gli errori compiuti verranno in un prossimo futuro 
fatte scontare senza riserve.
Ma qualunque siano le misure che verranno adottate in 
questo periodo, come già vi avevamo anticipato nel rapporto GEAB n 62, questo nuovo scossone accelererà il declino dell’influenza 
degli Stati Uniti e, in particolare, minerà alla base la loro ultima 
arma: il dollaro.
fonte: www.leap2020.eu