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martedì 12 giugno 2012

come si esce dall'euro




Intervista a Claudio Borghi, docente di economia all'Università Cattolica di Milano, ex managing director di Deutsche Bank.

La bomba dell’uscita dall’euro è finalmente stata messa al centro del tavolo. Ticchetta minacciosa ma adesso la stanno guardando tutti. Meglio tardi che mai: metterla sotto il tappeto sperando che si disinnescasse da sola non è servito e adesso si comincia a fare i conti di quante vittime potrà fare. Le stime che circolano sono però quasi tutte viziate da un errore di base: si riferiscono infatti a danni potenziali rispetto ad una situazione intatta e ideale.
Purtroppo ( o per fortuna) non è così. I danni di un’esplosione sono diversi se l’ordigno scoppia prima o dopo un terremoto. Nel secondo caso la distruzione è largamente inferiore perché la maggior parte del disastro è già avvenuta, anzi, in certi casi far esplodere un edificio pericolante potrebbe persino essere utile in quanto ne viene facilitata poi la ricostruzione. Cerchiamo quindi di dare uno sguardo senza pregiudizi a questo ultimo atto della crisi greca per poter iniziare un dibattito che troppo a lungo è stato rimandato.

Se la Grecia esce dall’euro noi ne subiremmo conseguenze
In realtà le conseguenze le stiamo già subendo. Lo spread, le tasse, la disoccupazione e la recessione hanno tutti una matrice comune e stanno già da tempo incenerendo ricchezza. I mercati finanziari e gli investitori non stanno fermi ad aspettare che la bomba scoppi: da mesi hanno cominciato a vendere in massa i titoli dei paesi deboli originando quindi il famoso spread. Ciò ha già ridotto il valore dei risparmi e sta appesantendo il bilancio statale, costretto a pagare tassi passivi più alti. Di sponda le conseguenze sono già arrivate alla vita reale nella forma della stretta al credito e dei mutui a tassi molto elevati.
Quando e se la Grecia uscirà dall’euro sarà cosa già anticipata dai mercati, così come già presente nei prezzi attuali dei titoli italiani c’è la percentuale di rischio che anche noi, prima o poi, ne seguiremo le tracce. L’effettivo ritorno alla dracma significherà semplicemente un rischio maggiore di uscita di altri paesi percepito dai mercati, non di certo una sorpresa.
(...)
Gran parte dei circa 9500 miliardi della ricchezza nazionale lorda è costituita da beni che il cui valore non dipende da cambi di moneta: come gli immobili, (i metalli preziosi), le partecipazioni o i titoli esteri. Vengono invece impattati i titoli di debito domestici, soprattutto detenuti da soggetti esteri che otterrebbero un rimborso in una valuta di valore inferiore con conseguente default sulle obbligazioni.



fonte: claudioborghi.com



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