Il governatore della Federal Reserve di Philadelphia Charles Plosser, in un’intervista rilasciata sabato scorso al Wall Street Journal, ha dichiarato che la Banca Centrale americana sta suggerendo caldamente ai fondi monetari statunitensi di ridurre drasticamente l’esposizione nei confronti delle istituzioni finanziarie europee.
I fondi monetari, si sa, sono quelli che investono prevalentemente in obbligazioni governative e corporate a breve scadenza e con rating elevato, e perseguono l’obiettivo di ridurre al minimo l’esposizione al rischio del risparmiatore
Quindi, tradotto in parole povere, il consiglio che la Fed ha rivolto ai gestori suona un po’ così: “Abbandonate gli investimenti in Euro perché la situazione si sta facendo più rischiosa, e un eventuale crash finanziario potrebbe contagiarvi”.
E da quel che sembra non è tanto la situazione greca a spaventare la massima autorità monetaria degli Stati Uniti, quanto piuttosto la possibilità che il contagio raggiunga altri paesi dell’UE, il cui default avrebbe un impatto decisamente più forte sulla finanza del Vecchio Continente rispetto a quello della penisola ellenica.
Del resto la strategia della Fed non può fare altro che creare un circolo vizioso: ritirare capitali dall’Europa significherebbe aggravare ulteriormente la già difficile situazione finanziaria afferente ai debiti sovrani, accelerando il percorso verso l’ipotetico default. Qualcuno dice che l’Europa a questo punto dovrebbe fornire delle garanzie serie sui debiti sovrani dei paesi membri, garanzie che siano in grado di arginare una volta per tutte lo spauracchio del default riportando gli spread a livelli accettabili, frenando la corsa agli sportelli dei risparmiatori, e stroncando sul nascere l’emorragia di capitali ridando vigore ai listini azionari.
Ma dopo la creazione del fantomatico Fondo di stabilizzazione finanziaria (EFSF), che dal prossimo luglio cambierà il nome, ma non la sostanza, in meccanismo di stabilità (ESM), dopo l’insediamento di governi “tecnici” per imporre politiche di austerity, e dopo l’iniezione di un trilione di euro nel sistema bancario da parte della BCE (destinato prevalentemente a sostenere le quotazioni dei titoli di stato, e non l’economia reale), ci sarebbe da domandarsi quali siano, e se ci siano rimaste, le frecce ancora da scoccare nella faretra delle Istituzioni europee per fornire ulteriori garanzie al sistema della finanza mondiale.
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