Dopo il Libor, ora l’oro.
Ebbene sì: anche il metallo giallo sarebbe caduto vittima delle manipolazioni da parte dei grandi colossi della finanza. Questo nuovo scandalo parrebbe aver trovato
ora certificazione nelle parole e nella testimonianza di Madison
Marriage, con la pubblicazione del suo articolo "Gold price rigging
fears put investors on alert", vale a dire "i timori di manipolazione
sul prezzo dell’oro mettono gli investitori in stato di allerta".
Perché allora rimarcare l’utilizzo del tempo condizionale del ‘parrebbe’
se l’ipotesi di frode è stata confermata dalla realtà dei fatti?
Sparito. L’articolo del Financial Times, in cui si dichiarava la
dinamica con la quale le autorità mondiali hanno perpetuato la
manipolazione dei prezzi aurei, è ‘sparito’, smarrito, perso o,
probabilmente, rimosso, bandito forse dal rimprovero serrato di Istituti
così influenti sulla piazza tali da imporre addirittura la censura
editoriale.
“I prezzi mondiali dell’oro potrebbero essere stati manipolati nel 50%
delle occasioni tra il gennaio 2012 e il dicembre 2013, secondo
un’analisi condotta dalla società di consulenza Fideres”: era questa una
delle parti salienti che compariva nell’originale articolo andato
perduto, dove il gruppo di ricerca Fideres è comparso come principale
accusatore del meccanismo di "fixing", attraverso il quale alcuni grandi
complessi finanziari mondiali (cinque nello specifico) avrebbero
compiuto ripetute modificazioni nella determinazione del prezzo del
metallo giallo prevalentemente durante la seconda seduta del
fixing giornaliero del metallo, quella pomeridiana delle ore 15.
Un’ipotesi, quest’ultima, avvalorata da uno studio condotto
dall’Università di New York, dove Rosa Abrantes
(Stern School of Business) e Albert Metz (managing Director di Moody’s) hanno indagato nel periodo 2001-2013 sul delicato
meccanismo del fix pomeridiano di Londra, il benchmark di riferimento per
le Banche Centrali, le società minerarie e per il settore gioielliero.
Dall’osservazione dell’andamento generale del fixing, i due studiosi
hanno notato come, nella fascia oraria pomeridiana, i valori della
quotazione abbiano subito strane movimentazioni e, tendenzialmente,
divergano al ribasso. “La struttura del benchmark” si legge da un
anticipo della pubblicazione dell’Università di New York “potrebbe favorire
collusione e manipolazione e i dati empirici sono coerenti con l’ipotesi
di interventi artificiali sui prezzi”. “E’ probabile” continua poi il
pezzo “che si sia verificata, in tal senso, una cooperazione tra i
partecipanti” e che dunque le big five del fixing avrebbero operato a loro favore.
articolo completo su: trend-online.com
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