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giovedì 17 gennaio 2013

report Geab n 71




rapporto GEAB 71  - trimestre marzo-giugno 2013 

ultima fase d’impatto della crisi sistemica globale


Finora il corso della crisi è stata fedelmente descritto seguendo le cinque fasi individuate dai nostri analisti e ricercatori nel maggio 2006 e completata nel mese di febbraio 2009 (Geab n. 32):
esplosione, accelerazione, impatto, decantazione e dislocazione geopolitica mondiale, le ultime due tappe si stanno sviluppando contemporaneamente.

Abbiamo però sottovalutato la lunghezza del periodo di decantazione che stiamo attraversando da oltre quattro anni, durante i quali tutti gli attori della crisi hanno lavorato per un obiettivo comune: guadagnare tempo.
Gli Stati Uniti, hanno fatto di tutto per evitare l’emergere di alternative al dollaro, nonostante la situazione catastrofica delle sue fondamenta sistemiche, per impedire che i suoi creditori li abbandonassero (screditare altre valute tra cui lo yen, accanimento contro i tentativi di scollegare il dollaro al petrolio, ecc ).
Il resto del mondo, ha messo in atto la creazione di strategie volte a mantenere l’assistenza agli Stati Uniti per evitarne un crollo improvviso che avrebbe causato enormi sofferenze al paese d’oltreoceano, ma allo stesso tempo hanno costruito alternative al disaccoppiamento.

A conclusione di questo lungo periodo di apparente “anestesia” del sistema, riteniamo necessario introdurre una sesta fase nella nostra descrizione della crisi: l’ultima fase d’urto che si verificherà nel 2013.

Gli Stati Uniti hanno creduto che il mondo sarebbe sempre stato eternamente interessato a mantenere il supporto respiratorio artificiale alla loro economia, ma probabilmente  oggi non ci credono più.
Per quanto riguarda il resto del mondo, gli ultimi capitoli della crisi degli Stati Uniti (crisi politica, paralisi decisionale, fiscal cliff, prospettiva di un default a marzo e l’incapacità odierna di realizzare qualsiasi soluzione strutturale) ha convinto gli spettatori stranieri di un imminente collasso, e tutti i giocatori sono alla ricerca di opportunità per svincolarsi, consapevoli del fatto che così facendo precipiteranno verso il collasso finale.

Il nostro gruppo ritiene che nel contesto di estrema tensione indotta dalla prossima intensificazione del tetto del debito degli Stati Uniti nel marzo 2013 e delle tensioni politiche interne e finanziarie globali, non mancheranno di certo segni in grado di provocare la scomparsa degli ultimi acquirenti dei buoni Tesoro degli Stati Uniti, scomparsa che la Fed non sarà in grado di compensare, con un conseguente aumento dei tassi di interesse che spingerà il debito degli Stati Uniti a livelli astronomici, che non lascerà alcuna speranza di un rimborso ai creditori che preferiranno gettare la spugna e lasciare che il dollaro affondi… il crollo del dollaro corrisponderà di fatto alla prima vera soluzione, dolorosa ma certamente reale, al debito degli Stati Uniti.

Per questa ragione prevediamo che nel 2013, primo anno del “mondo di dopo”, sarà istituita questa “verifica” dei conti degli Stati Uniti e dell’intero pianeta. Tutti gli attori tendono a questo passo, le cui conseguenze sono difficili da prevedere, ma è a questo punto una soluzione inevitabile alla crisi a causa del cedimento strutturale degli Stati Uniti nell’attuare strategie all’indebitamento reale.

Ma per fare il punto sulle cause e sulle conseguenze di questa ultima fase d’impatto, ricapitoliamo le ragioni per cui il sistema ha richiesto così tanto tempo. Il nostro team analizzerà le ragioni per la quali lo shock si svolgerà nel 2013.

Guadagnare tempo: Quando il mondo si rallegra dello status quo degli Stati Uniti
Dal 2009 e dopo le misure temporanee per salvare l’economia globale, il mondo attende il famoso “double dip” (chiamata anche recessione a forma di W), perché la situazione continua a peggiorare di giorno in giorno per gli Stati Uniti: un debito pubblico vertiginoso, la disoccupazione e la povertà di massa, la paralisi politica, la perdita d’influenza, ecc. Certo, le “misure eccezionali” per aiutare l’economia (tassi di interesse più bassi, spesa pubblica, riacquisto del debito, ecc.) sono tuttora ancora in vigore. Ma contro ogni pronostico e contro ogni giudizio razionale e obiettivo, i mercati sembrano fidarsi ancora degli Stati Uniti. In realtà, il sistema non è più sulla fiducia, ma sul calcolo del momento migliore per abbandonare e su come resistere fino ad allora.

Sono finiti i giorni in cui la Cina sfidava gli Stati Uniti a fare un secondo ciclo di "quantitative easing": il mondo sembra che abbia a che fare con il fatto che questo paese aggravi il suo debito e si stia muovendo inesorabilmente verso di default. Perché gli altri paesi non esortano gli Stati Uniti a ridurre il disavanzo, ma si rallegrano se l’accordo sul fiscal cliff mantiene lo status quo? Nessuno si lascia ingannare, la situazione non può durare per sempre e il problema centrale dell’economia mondiale è il dollaro degli Stati Uniti.
Secondo Leap/E2020, i vai attori cercano di guadagnare tempo. Per i mercati, si tratta di ottenere il massimo dalla generosità della Fed e dal governo degli Stati Uniti, per fare profitti facili; per i paesi esteri, si tratta di separare le loro economie dagli Stati Uniti ed essere al riparo nel momento in cui arriverà lo shock. Così, per esempio, Eurolandia ha colto l’occasione per rafforzarsi e la Cina ha avuto la possibilità di vendere i suoi dollari in infrastrutture estere (5), che varranno sicuramente di più dei biglietti verdi quando il dollaro andrà giù.

Accelerazione del tempo e accumulo delle sfide
Ma questo periodo di complice mitezza sta per finire a causa delle forti pressioni. È interessante notare che la pressione non arriva dall’estero, confermando la nostra analisi sopramenzionata; anzi la pressione è piuttosto di due tipi: interna e finanziario-economica.

Da un lato, è la battaglia politica interna che minaccia il castello di carte. Se Obama sembra attraversare un periodo di tolleranza politica di fronte a un campo repubblicano apparentemente domato, la battaglia diverrà più violenta che mai a marzo. Infatti, se i rappresentanti repubblicani dovranno probabilmente votare un aumento del tetto del debito, faranno pagare questa “capitolazione” a caro prezzo al presidente Obama, guidati dalla loro base elettorale, la metà dei quali in realtà vuole un default degli USA, considerato come l’unico modo per sbarazzarsi del debito patologico dei paesi. I Repubblicani hanno così una battaglia aperta su molte questioni e sulle sfide che li attendono: sul lato sociale, la regolamentazione delle armi da fuoco, la revisione dell’immigrazione e la legalizzazione di 11 milioni gli immigrati clandestini la riforma del sistema sanitario, e più in generale la discussione sul ruolo del governo federale; sul lato economico, tagli alla spesa, regolamento dei debiti, il “ricarico” del fiscal cliff , ecc… Tutti questi dossier sono in programma per i  prossimi mesi e l’intoppo può essere fatale. Data la tenacia dei repubblicani e ancor di più della loro base, la speranza che non vi sia un “intoppo” è piuttosto un’utopia.

D’altra parte, ci sono i mercati globali, a partire da Wall Street, che minacciano di non rinnovare la fiducia all’economia degli Stati Uniti. Dopo l’uragano Sandy e soprattutto dopo l’episodio del "fiscal cliff", che non ha risolto alcun problema, le analisi pessimistiche e i dubbi si fanno sempre più forti. E’ da tener presente che i mercati azionari sono apolidi (anche se i principali hanno sede a New York) e hanno un solo obiettivo: il profitto. Nel 2013, il mondo sarà abbastanza grande perché gli investitori e i loro capitali fuggano al minimo allarme in altri luoghi.

Mentre l’accordo sul tetto del debito nel 2011 ha risolto il problema per 18 mesi, l’imposta sul fiscal cliff rinvierà il problema solo per 2 mesi. Così se abbiamo sentito gli effetti del QE1 durante un anno, il QE3 non avrà effetto che per alcune settimane. Inoltre, con il fitto calendario dei futuri negoziati, come si può notare, il tempo accelera in modo significativo, segno che indica che il precipizio si avvicina insieme al nervosismo dei loro attori.


Marzo-giugno 2013, estrema tensione: la scintilla che  mette fuoco alle polveri

In aggiunta a queste sfide degli Stati Uniti, il mondo intero ha ancora molte prove da attraversare. Principalmente sfide economiche. Queste includono il Giappone e il Regno Unito, elementi chiave della sfera di influenza degli Stati Uniti, che stanno lottando per la loro sopravvivenza, entrambe in recessione, con un debito insostenibile, un risparmio delle famiglie ridotto all’osso e senza  prospettive a breve termine. Esamineremo in dettaglio questi due paesi in futuro. Ma c’è anche un rallentamento dell’economia brasiliana, tassi di inflazione difficili da gestire nelle potenze emergenti, lo scoppio della bolla immobiliare in Canada, in Cina e in Europa, ecc …

Le sfide sono anche geopolitiche: per citare solo tre esempi, i conflitti africani tra i quali, naturalmente, l’intervento della Francia in Mali, i conflitti e il confronto indiretto delle potenze in Medio Oriente nei teatri delle regioni di Siria, Israele e Iran, così come le tensioni territoriali in Cina che esamineremo nella nostra analisi del Giappone.

Tutti questi fattori, economici, geopolitici, americani, mondiali, convergono nello stesso punto: il secondo trimestre del 2013. Il nostro team ha identificato il periodo tra marzo e giugno 2013 come esplosivo, dopo i negoziati degli Stati Uniti sul tetto del debito e sul fiscal cliff. La più piccola scintilla accenderà le polveri, innescando la seconda fase dell’impatto della crisi sistemica globale. E le occasioni per fare scintille, come abbiamo visto, sono numerose.

Quali sono allora le implicazioni e i tempi della seconda fase d’impatto? Sui mercati in primo luogo, una riduzione significativa si protrarrà fino alla fine del 2013. Tutte le economie sono interconnesse, l’impatto sarà diffuso in tutto il pianeta e porterà l’economia globale in recessione. Tuttavia, grazie alla dissociazione di altri paesi, come abbiamo notato prima, non tutti i paesi saranno influenzati nello stesso modo. Perché rispetto al 2008, ci sono più opportunità per i capitali in Asia, Europa, America Latina. Oltre agli Stati Uniti, i paesi più colpiti saranno quindi quelli della sfera americana, vale a dire il Regno Unito e soprattutto il Giappone. E mentre questi paesi fronteggeranno ancora nel 2014 l’impatto sociale e politico, le altre regioni, i BRICS e Eurolandia in testa, potranno in quel momento uscire dal tunnel.

fonte: www.leap2020.eu

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