Perché l’oro Bankitalia appartiene al popolo italiano e non alle banche
di Mario Esposito
Nel 2009 Claude Trichet
 allora governatore della Banca Centrale Europea si domandò se essa non 
 appartenesse al popolo italiano piuttosto che all’Istituto centrale. 
Ci sono incertezze,
  sempre perduranti, intorno alla natura della Banca d’Italia, sospesa  
tra diritto privato (per la struttura organizzativa e, più ancora, per 
 la natura dei soggetti che al suo capitale partecipano) e diritto  
pubblico.
Non per caso, sul sito istituzionale della Banca è recentemente  
apparsa una nota di chiarimenti che dovrebbe essere intesa a  
tranquillizzare in ordine alla natura pubblica dell’ente, che non  
potrebbe essere compromessa, o esposta a conflitti, per la qualità  
privata della maggioranza dei c. d. quotisti. (...)
La natura giuridica  
dell’oro iscritto nel patrimonio della nostra Banca centrale è un tema poco esplorato persino nelle trattazioni che  
direttamente concernono la Banca d’Italia.
Si tratta di una questione che può essere utilmente avviata a  
soluzione  seguendo l’evoluzione delle funzioni  dell’Istituto di via  
Nazionale.
Le proposte volte a disporre delle riserve auree fanno quasi sempre  
leva sull’assunto secondo cui essendo venuta meno la funzione  di  
emissione monetaria confidata a Bankitalia, queste
  non sarebbero più assoggettate a nessun vincolo pubblicistico se non a
  quello
derivante dalla loro inclusione nel patrimonio della Banca centrale e,  
dunque, dalla complessiva finalizzazione dell’attività dell’Istituto al 
 perseguimento di interessi pubblici.
Tale assunto sembra però non considerare che, anche allorquando la  
Banca d’Italia era investita, per delega statale, della funzione  
monetaria, le riserve auree venivano costituite per conto dello Stato.
La
  necessità di un titolo statale di abilitazione appare semmai quale  
indice sintomatico della non appartenenza delle riserve auree alla Banca
  centrale.
 L’ORO E’ ANCHE UNA GARANZIA PER RECEDERE DALL’ EUROSISTEMA
L’oro rappresentava e rappresenta oggi ancora, se è vero come  
pare non possa smentirsi, che l’Italia potrebbe recedere dall’  
Eurosistema. L'oro è un bene strumentale   
all’esercizio di un ufficio sovrano, delegato alla Banca mediante la sua
  stessa istituzione e, poi,  ulteriormente regolato con le modifiche  
successivamente intervenute.
Le riserve auree dovevano pertanto qualificarsi – almeno fino a quando l’Italia ha direttamente emesso la propria moneta – come beni assimilabili a quelli demaniali e, pertanto, siccome ” pertinenze della sovranità”,
  appartenenti al popolo, anche se affidati per la gestione allo 
stato  o ad altri enti pubblici: esse garantivano infatti  la sovranità 
 interna ed esterna, quanto rispettivamente ai biglietti emessi e agli  
eventuali squilibri della bilancia dei pagamenti.
Con l’ingresso del nostro paese nel SEBC cessa l’esercizio diretto ed in proprio (non però la titolarità finale) della funzione suddetta in proprio da parte dello Stato e, quindi, della Banca d’Italia. Essa viene infatti affidata alla gestione della BCE: non a caso – la 
 circostanza assume valore probante della loro natura demaniale -  la  
nostra Banca centrale ha dovuto conferire nell’istituto di Francoforte una parte delle riserve italiane. 
DA QUANDO SIAMO ENTRATI NELLA BCE  BANKITALIA HA CESSATO DI POTER DISPORRE DELL’ORO ITALIANO
Ne consegue che, successivamente a tale momento, la detenzione delle riserve auree da parte della Banca d’Italia non corrisponde ad alcun titolo, tantomeno di appartenenza.
Esse devono pertanto essere restituite alla collettività e per essa allo Stato, anche
 in ragione del permanere della loro funzione di garanzia dell’Italia  
nei rapporti economici e finanziari comunitari e internazionali
 (potendo fornire alla collettività data l’attuale consistenza delle  
riserve medesime, la capacità autonoma di emettere circolante  
assicurato, appunto, dall’oro) e , in ogni caso, per legittima  
spettanza, agli italiani, ai quali soltanto compete l’assunzione di ogni  
determinazione in proposito, che trova, quale controlimite di  
legittimità, l’articolo 47 della Costituzione.
Peraltro, come dimostra l’art. 19 comma 10 legge n. 262/2005, l’istituto di via nazionale non ha più i requisiti minimi per continuare  nella custodia e meno ancora ha idoneità a esercitare poteri di carattere dispositivo.
CON CHE DIRITTO POCHE BANCHE PRIVATE HANNO MESSO IL NOSTRO ORO NEI LORO BILANCI ?
Frattanto  è concreto il rischio che,  
pur avendo autorevoli fonti affermato che l’oro dell’Istituto centrale  
non può  considerarsi afferente  al patrimonio netto della Banca  
d’Italia, si giunga,  avendo i quotisti già provveduto 
  a rivalutare le proprie partecipazioni facendo espresso riferimento  
 al valore delle riserve auree, alla approvazione di una disciplina  
che espressamente consenta il ricorso a tale metodo di valutazione,  
facendo così rientrare le quote nel patrimonio dei soggetti partecipanti
  anche ai sensi del c. d. CORE TIER 1  con conseguente disponibilità  
delle medesime sul mercato.
Qualora a tanto si dovesse giungere – e “ le campagne di stampa”  lo 
 lasciano presagire -   si otterrà che delle riserve auree potrà 
disporsi  in sede di negoziazione privata tra privati delle azioni delle
 Banche  partecipanti  al capitale di Bankitalia che abbiano, in sede di
  determinazione  del patrimonio netto, attribuito alle proprie quote un
  valore ragguagliato  anche alle riserve auree di questa.
Tale prospettiva si porrebbe in contrasto con le funzioni attualmente
  proprie dell’Istituto di via nazionale: è molto dubbio, infatti,  che 
 Esso possa provvedere ad operazioni che abbiano quale effetto  
predeterminato l’ausilio di alcuni soggetti, in violazione del principio di uguaglianza nel settore dell’esercizio del credito.
Mario Esposito, avvocato, professore straordinario di diritto costituzionale presso l’Università del Salento.
articolo completo su: corrieredellacollera.com 
Per spiegare la oscena realtà che si cela dietro il proposito di 
rivalutazione della quote della Banca d’Italia, che è stato bocciato 
dalla BCE, solo poche righe. 
 Tramite questo provvedimento 
squinternato verrebbe rivalutato il capitale sociale di 
Bankitalia finora gestito fiduciariamente al 95% dalle banche italiane 
ex pubbliche (valore attualmente segnato nei bilanci al prezzo 
di 156.000 euro). Il decreto mira a tramutarlo  da quota di 
partecipazione con valore simbolico a quota proprietaria ( da segnarsi a
 patrimonio) rapportata  al valore  reale della  Banca d’Italia, valore 
reale rappresentato dai diritti di signoraggio e dalle sue riserve auree
 raccolte da sei generazioni di Italiani.
Questo 
significa, in pratica, che il popolo italiano ( NOI) non sarebbe più il 
possessore delle riserve auree della Banca d’Italia ma lo diverrebbero 
gli istituti di credito che “partecipano” al suddetto “aumento” di 
capitale : detto in altre parole, si tratta di un furto ai danni del 
popolo italiano per sostenere con una semplice scrittura contabile 
la tradizionale sottocapitalizzazione delle banche italiane. 
 Ma non siamo di fronte al solito esempio di malcostume della nostra vita pubblica. 
 Questo tentativo di furto dell’oro della banca d’Italia non è 
l’ennesimo scandalo politico ma, molto più semplicemente, il più grande 
crimine contro il nostro paese e il nostro popolo compiuto da quando ha 
raggiunto la sua unità; un crimine che  per la sua gravità suona come il
 preannuncio della dissoluzione di ogni parvenza di  legittimità 
democratica per l’attuale sistema politico oligarchico ed instaura, 
de facto,
 uno stato di eccezione (o meglio, lo  conferma, perché la decisione 
della Consulta in merito all’incostituzionalità dell’attuale legge 
elettorale già delegittimava tutto il sistema politico uscito dalle 
ultime elezioni) e richiama l’esigenza di istituire un tribunale 
speciale tipo Norimberga per giudicare questi disegni criminosi. In 
attesa che la magistratura si muova con il suo riconosciuto senso dello 
Stato e leggendaria tempestività e che il dibattito politico riesca a 
produrre una decisione in merito alle coppie di fatto (o che scelga,  
à la carte, quale sia il migliore sistema elettorale) rimaniamo attivi e  fiduciosi  nella reazione degli italiani.
Fate circolare questa notizia e mandate la vostra adesione a 
antoniodemartini@gmail.com per
 organizzare una manifestazione in occasione della prossima assemblea 
della Banca d’Italia che si terrà a fine maggio. Vogliono gli azionisti ?
 Ebbene, ci saremo.    
Massimo Morigi e Antonio De Martini
 
Fonte: 
http://corrieredellacollera.com