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venerdì 17 gennaio 2014

l'oro di Bankitalia appartiene al popolo


Perché l’oro Bankitalia appartiene al popolo italiano e non alle banche

di Mario Esposito

Nel 2009 Claude Trichet allora governatore della Banca Centrale Europea si domandò se essa non appartenesse al popolo italiano piuttosto che all’Istituto centrale. 
Ci sono incertezze, sempre perduranti, intorno alla natura della Banca d’Italia, sospesa tra diritto privato (per la struttura organizzativa e, più ancora, per la natura dei soggetti che al suo capitale partecipano) e diritto pubblico.
Non per caso, sul sito istituzionale della Banca è recentemente apparsa una nota di chiarimenti che dovrebbe essere intesa a tranquillizzare in ordine alla natura pubblica dell’ente, che non potrebbe essere compromessa, o esposta a conflitti, per la qualità privata della maggioranza dei c. d. quotisti. (...)


La natura giuridica dell’oro iscritto nel patrimonio della nostra Banca centrale è un tema poco esplorato persino nelle trattazioni che direttamente concernono la Banca d’Italia.
Si tratta di una questione che può essere utilmente avviata a soluzione  seguendo l’evoluzione delle funzioni  dell’Istituto di via Nazionale.
Le proposte volte a disporre delle riserve auree fanno quasi sempre leva sull’assunto secondo cui essendo venuta meno la funzione  di emissione monetaria confidata a Bankitalia, queste non sarebbero più assoggettate a nessun vincolo pubblicistico se non a quello derivante dalla loro inclusione nel patrimonio della Banca centrale e, dunque, dalla complessiva finalizzazione dell’attività dell’Istituto al perseguimento di interessi pubblici.
Tale assunto sembra però non considerare che, anche allorquando la Banca d’Italia era investita, per delega statale, della funzione monetaria, le riserve auree venivano costituite per conto dello Stato.
La necessità di un titolo statale di abilitazione appare semmai quale indice sintomatico della non appartenenza delle riserve auree alla Banca centrale.

L’ORO E’ ANCHE UNA GARANZIA PER RECEDERE DALL’ EUROSISTEMA
L’oro rappresentava e rappresenta oggi ancora, se è vero come pare non possa smentirsi, che l’Italia potrebbe recedere dall’ Eurosistema. L'oro è un bene strumentale  all’esercizio di un ufficio sovrano, delegato alla Banca mediante la sua stessa istituzione e, poi,  ulteriormente regolato con le modifiche successivamente intervenute.
Le riserve auree dovevano pertanto qualificarsi – almeno fino a quando l’Italia ha direttamente emesso la propria moneta – come beni assimilabili a quelli demaniali e, pertanto, siccome ” pertinenze della sovranità”, appartenenti al popolo, anche se affidati per la gestione allo stato o ad altri enti pubblici: esse garantivano infatti  la sovranità interna ed esterna, quanto rispettivamente ai biglietti emessi e agli eventuali squilibri della bilancia dei pagamenti.
Con l’ingresso del nostro paese nel SEBC cessa l’esercizio diretto ed in proprio (non però la titolarità finale) della funzione suddetta in proprio da parte dello Stato e, quindi, della Banca d’Italia. Essa viene infatti affidata alla gestione della BCE: non a caso – la circostanza assume valore probante della loro natura demaniale -  la nostra Banca centrale ha dovuto conferire nell’istituto di Francoforte una parte delle riserve italiane. 

DA QUANDO SIAMO ENTRATI NELLA BCE  BANKITALIA HA CESSATO DI POTER DISPORRE DELL’ORO ITALIANO

Ne consegue che, successivamente a tale momento, la detenzione delle riserve auree da parte della Banca d’Italia non corrisponde ad alcun titolo, tantomeno di appartenenza.
Esse devono pertanto essere restituite alla collettività e per essa allo Stato, anche in ragione del permanere della loro funzione di garanzia dell’Italia nei rapporti economici e finanziari comunitari e internazionali (potendo fornire alla collettività data l’attuale consistenza delle riserve medesime, la capacità autonoma di emettere circolante assicurato, appunto, dall’oro) e , in ogni caso, per legittima spettanza, agli italiani, ai quali soltanto compete l’assunzione di ogni determinazione in proposito, che trova, quale controlimite di legittimità, l’articolo 47 della Costituzione.
Peraltro, come dimostra l’art. 19 comma 10 legge n. 262/2005, l’istituto di via nazionale non ha più i requisiti minimi per continuare  nella custodia e meno ancora ha idoneità a esercitare poteri di carattere dispositivo.


CON CHE DIRITTO POCHE BANCHE PRIVATE HANNO MESSO IL NOSTRO ORO NEI LORO BILANCI ?
Frattanto  è concreto il rischio che, pur avendo autorevoli fonti affermato che l’oro dell’Istituto centrale non può  considerarsi afferente  al patrimonio netto della Banca d’Italia, si giunga,  avendo i quotisti già provveduto  a rivalutare le proprie partecipazioni facendo espresso riferimento  al valore delle riserve auree, alla approvazione di una disciplina che espressamente consenta il ricorso a tale metodo di valutazione, facendo così rientrare le quote nel patrimonio dei soggetti partecipanti anche ai sensi del c. d. CORE TIER 1  con conseguente disponibilità delle medesime sul mercato.
Qualora a tanto si dovesse giungere – e “ le campagne di stampa”  lo lasciano presagire -   si otterrà che delle riserve auree potrà disporsi in sede di negoziazione privata tra privati delle azioni delle Banche partecipanti  al capitale di Bankitalia che abbiano, in sede di determinazione  del patrimonio netto, attribuito alle proprie quote un valore ragguagliato  anche alle riserve auree di questa.
Tale prospettiva si porrebbe in contrasto con le funzioni attualmente proprie dell’Istituto di via nazionale: è molto dubbio, infatti,  che Esso possa provvedere ad operazioni che abbiano quale effetto predeterminato l’ausilio di alcuni soggetti, in violazione del principio di uguaglianza nel settore dell’esercizio del credito.

Mario Esposito, avvocato, professore straordinario di diritto costituzionale presso l’Università del Salento.

articolo completo su: corrieredellacollera.com



Per spiegare la oscena realtà che si cela dietro il proposito di rivalutazione della quote della Banca d’Italia, che è stato bocciato dalla BCE, solo poche righe.

Tramite questo provvedimento squinternato verrebbe rivalutato il capitale sociale di Bankitalia finora gestito fiduciariamente al 95% dalle banche italiane ex pubbliche (valore attualmente segnato nei bilanci al prezzo di 156.000 euro). Il decreto mira a tramutarlo  da quota di partecipazione con valore simbolico a quota proprietaria ( da segnarsi a patrimonio) rapportata  al valore  reale della  Banca d’Italia, valore reale rappresentato dai diritti di signoraggio e dalle sue riserve auree raccolte da sei generazioni di Italiani.

Questo significa, in pratica, che il popolo italiano ( NOI) non sarebbe più il possessore delle riserve auree della Banca d’Italia ma lo diverrebbero gli istituti di credito che “partecipano” al suddetto “aumento” di capitale : detto in altre parole, si tratta di un furto ai danni del popolo italiano per sostenere con una semplice scrittura contabile la tradizionale sottocapitalizzazione delle banche italiane.

Ma non siamo di fronte al solito esempio di malcostume della nostra vita pubblica.

Questo tentativo di furto dell’oro della banca d’Italia non è l’ennesimo scandalo politico ma, molto più semplicemente, il più grande crimine contro il nostro paese e il nostro popolo compiuto da quando ha raggiunto la sua unità; un crimine che  per la sua gravità suona come il preannuncio della dissoluzione di ogni parvenza di  legittimità democratica per l’attuale sistema politico oligarchico ed instaura, de facto, uno stato di eccezione (o meglio, lo  conferma, perché la decisione della Consulta in merito all’incostituzionalità dell’attuale legge elettorale già delegittimava tutto il sistema politico uscito dalle ultime elezioni) e richiama l’esigenza di istituire un tribunale speciale tipo Norimberga per giudicare questi disegni criminosi. In attesa che la magistratura si muova con il suo riconosciuto senso dello Stato e leggendaria tempestività e che il dibattito politico riesca a produrre una decisione in merito alle coppie di fatto (o che scelga,  à la carte, quale sia il migliore sistema elettorale) rimaniamo attivi e  fiduciosi  nella reazione degli italiani.

Fate circolare questa notizia e mandate la vostra adesione a antoniodemartini@gmail.com per organizzare una manifestazione in occasione della prossima assemblea della Banca d’Italia che si terrà a fine maggio. Vogliono gli azionisti ? Ebbene, ci saremo.

   Massimo Morigi e Antonio De Martini

Fonte: http://corrieredellacollera.com

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