(...)
Il bravo a Monti è sulla tecnica negoziale. Nessun premier italiano
avrebbe potuto porre il veto all’approvazione dei passi avanti
sull’unione economica e la disciplina di bilancio, se non avesse avuto
rilevante credito personale e politico riconosciuto in Europa. E’ stato
molto rischioso, persino gli spagnoli hanno aspettato al tavolo tecnico
notturno prima di allinearsi al veto italiano. mentre Hollande aveva
diplomaticamente finto nel bilaterale con la Merkel di aver mollato
l’Italia, ma al tavolo tecnico Parigi ha tenuto ferma la posizione con
Roma e Madrid.
Nel merito, però, attenti. Gli spagnoli hanno ottenuto su tutta la
linea quanto volevano, gli aiuti alle banche diretti da EFSF-ESM senza
far debito pubblico aggiuntivo, anche se per questo occorrerà il
giudizio della vigilanza europea comune che non nascerà prima di
ottobre.
Quanto allo scudo antispread chiesto dall’Italia per quei Paesi vicini
all’avanzo primario – praticamente noi soli - il no tedesco è stato
scalfito e intaccato, ma Monti in queste ore sta barando col suo
ottimismo a piene mani. In realtà non c’è licenza bancaria per l’ESM
-che avrebbe risolto ogni problema, abbeverandosi alla fonte BCe anche
illimitatamente se necessario – ma solo un placet di massima alla
procedura di acquisito maggiorati EFSF-ESM per Paesi a rischio, con la
BCE che esegue materialmente gli acquisiti rivalendosi sulla loro
dotazione finanziaria (500bn). Le modalità operative saranno da fissare
all’eurogruppo del 9 luglio, la Merkel contrariata già stamane ha
iniziato a dire che comnunque si passa per la trojka e per il Fmi,
inutile che l’Italia s’illuda. Ma in ogni caso al Consiglio europea la
carta giocata da Monti è stata una inversione di tendenza, con l’Italia
protagonista. Gli eurottimisti possono brindare. Il merito negoziale va
riconosciute, perché Monti rischiava di doversi dimettere, tornato a
Roma a mani vuote. Ma quanto al merito vero, cioè la sostanza
del’accordo, è assai meno risolutivo per l’Italia di quel che venga
detto stamane.
Il “ma” deriva dal fatto che i mercati verranno comunque a testare la
tenuta sul meccanismo votato a vantaggio dell’Italia, al di là
dell’entusiasmo in Borsa nelle prime ore. L’economia italiana sta
andando negli abissi, per via delle tasse e delle spese pubbliche, e
abbiamo 400 miliardi di carta pubblica da piazzare nei prossimi 12
mesi. Balleremo, e sarà il caso di non prendersela con gli altri se
l’ESM avrà dei limiti naturali a sostenerci a galla.
Il “dunque” sta nel fatto che la clausola di salvataggio – funzioni o
meno – non cambia la sostanza del guaio italiano. Dismissioni pubbliche
massicce per abbattere il debito, tagliare spesa corrente e tasse per
molti punti di Pil in tre anni, ventre a terra. Esultare per la
nazionale e per il successo all’eurotrattativa dimenticando che non
abbiamo affatto svolto questo impegnativo compito a casa – che dobbiamno
a noi stessi e non agli altri – significa commettere il solito errore
italiano di miopia.
L’autore delle due reti azzurre è già stato soprannominato
Bail-out-elli, il signor Salvataggio. Ma nuotare per forza propria è
altra cosa che dipendere dai salvagenti pietosi riservati a chi non sa
farlo.
Oscar Giannino
29 giugno 2012
fonte: chicago-blog.it
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