Minacce iraniane, controminacce USA. Ma chi ha davvero il controllo dello Stretto di Hormuz, e chi può far rispettare le leggi?
lo Stretto di Hormuz, nella sua parte più assottigliata, è largo appena 22 miglia. 11 miglia appartengono all'Iran, e 11 all'Oman. Per quanto riguarda le aree limitrofe c'è un po' di discussione in corso, in quanto il diritto marittimo stabilisce che, qualora vi siano isole, le acque territoriali partono dalle isole e non dalla terraferma. Ne consegue che le isolette lì posizionate sono oggetto di diatriba mai risolta.
Non solo. Il diritto internazionale marittimo stabilisce che, nel passaggio di uno stretto, le navi mercantili godono di diritti inviolabili da parte dello Stato a cui appartengono le acque; persino le navi da guerra hanno diritto a mantenersi in stato di allerta, seppur monitorate da chi controllo lo Stretto.
Hanno ragione gli Stati Uniti, allora, a minacciare guerra contro chi ritiene di poter chiudere stretti a piacimento?
Qui arriva il paradosso: gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il diritto internazionale marittimo. Non è una legge che riconoscono.
C'è anche da considerare un ultimo dettaglio sullo Stretto di Hormuz, un dettaglio geografico. Sembra che le sue acque siano troppo poco profonde perché le petroliere possano agevolmente passare: si trovano costrette ad una specie di zigzag per pescare i fondali più alti. E indovinate da che parte si trova il fondale profondo, nella parte più piccola dello Stretto? Esatto: proprio nelle acque iraniane. Una faccenda complicata.
fonte: petrolio.blogosfere.it
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Le forniture italiane alla marina iraniana e lo Stretto di Hormuz
I cable di Wikileaks si dimenticano presto, e invece talvolta è un bene ricordarne i contenuti. Più di un anno fa scrivevo di questo cable in cui gli americani chiedevano agli italiani di smettere di vendere “navi veloci”, all’Iran perché queste potevano essere usate per attaccare le navi americane nel Golfo Persico. Un tema affrontato con dovizia di particolari anche da Gianluca Di Feo su “L’Espresso”.
De Feo, insieme a Stefania Maurizi, aveva affrontato l’argomento a suo tempo, ovvero nel 2007. Il loro pezzo iniziava così:
L’arma più micidiale della prossima guerra del Golfo è nata sul lago di Como . Non è una bomba atomica, né un missile intercontinentale: è una barca ad alta tecnologia, lunga 16 metri e veloce come un fulmine. Sul mare non la batte nessuno, corre e salta senza temere rivali: è stata progettata per conto della Finanza e ha sempre umiliato gli scafi blu dei contrabbandieri. Un bolide da 70 nodi l’ora.
Come scriveva poco più tardi Mazyar su “Tutto in 30 secondi”, le “navi veloci” vendute all’Iran hanno una funzione strategica ben precisa, in un quadro di guerra asimmetrica.
Se queste navi siano o non siano armi micidiali, dipende dal contesto. Assomiglia tanto alla storia della Guerra tra Persiani e Greci. I Persiani sembrano aver imparato la lezione, e non amano più le grandi imbarcazioni. Gli Americani arrivano con navi grandi, potenti e tecnologicamente imbattibili. Chi sta leggendo questo post, non deve pensare che il finale sia scontato, e che vincano le barchette piccole e veloci.
Questo è solo l’inizio della storia. Le barchette sono micidiali perché operano in un contesto geograficamente “stretto” e hanno il vantaggio di avere una retroterra immenso ed un buon numero di isole molto ben posizionate, e militarmente equipaggiate.
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