venerdì 20 agosto 2021

le 138 tonnellate d'oro degli Agnelli

 

Edoardo, Marella e Gianni Agnelli

(...) Secondo alcune fonti, il patrimonio di cui disponeva Marella era immenso: 5,8 miliardi di euro (secondo i Panama Papers) più 9,2 miliardi di euro in oro.
Si tratta dell'«oro del Senatore», quello che Gianni Agnelli avrebbe ricevuto nel 1945 alla morte di suo nonno e che riguardava i profitti derivanti dalle forniture Fiat per la prima e la seconda guerra mondiale.
Questo presunto deposito in lingotti d'oro ammonterebbe a 138 tonnellate d'oro con un volume di 71.254 litri, pari al carico di due autocisterne medio grandi.
Tale oro, dopo essere spostato da Basilea, dove lo custodiva il nonno, ora sarebbe nel Free Port dell'aeroporto di Cointrin a Ginevra, che certamente riesce a contenere senza difficoltà un simile quantitativo. In quel magazzino sono presenti oro e opere d'arte per un valore di almeno 100 miliardi di dollari.
Certo l'ipotesi è molto romanzesca. Il punto è: come potrebbero gli eredi a entrare in possesso di questa montagna d'oro? Sarebbe necessario presentarsi con il documento di legittimazione. Se fosse vero che c'è l'oro, Free Port avrà certo identificato, al momento in cui è avvenuto il deposito, un legittimario. (...)
Se questa storia fosse vera, tuttavia, gli esperti immaginano che l'oro sarebbe stato conferito in qualche trust (magari con i soliti protectors) oppure donato a qualcuno con passaggi vari in modo che il controllo effettivo sia oggi nelle mani di colui o coloro che l'Avvocato voleva lo avesse.

   Gigi Moncalvo per “la Verità”

 articolo completo su: dagospia.com

vedi anche: donna Marella lascia un patrimonio 

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Le vicende belliche italiane hanno permesso alla Fiat e alla famiglia Agnelli di realizzare ingenti profitti, a partire dall'invasione della Libia nel 1911.
Per l'occasione la Fiat produce anche il suo primo motore aereo, un modello da 50 cavalli. Fornisce soprattutto autocarri leggeri, particolarmente adatti all'impresa nel deserto libico: il 15 bis, e il 15 ter, e il 18 bl, e soprattutto il 18 blr, destinato al servizio di trasporto delle sezioni di artiglieria pesante.

Giovanni Agnelli con il re Vittorio Emanuele III
 
Dal 24 maggio 1915 l'Italia partecipa alla Prima Guerra Mondiale e dal settembre 1915 la Fiat entra a far parte degli stabilimenti "ausiliari", Torino e le sue fabbriche metallurgiche sono considerate zona di guerra, la Fiat produce anche cannoni e mitragliatrici. Le spese di guerra arrivano a raggiungere il 76 per cento della intera spesa pubblica italiana, vengono prodotti 12 mila pezzi di artiglieria e oltre 70 milioni di proiettili, 37 mila mitragliatrici. La Fiat realizza utili di bilancio dell'80 per cento, il suo capitale sociale, che nel 1914 era di 17 milioni di lire, nel 1919 raggiunse i 200 milioni di lire, contro i 300 dell’Ilva e i 500 dell’Ansaldo. I dipendenti passarono da 4.000 a oltre 40.000.
Fiat fabbricò tra il 1914 e il 1918 qualcosa come 71mila autovetture, di cui circa 63mila per conto dell’amministrazione militare italiana e anche di quelle alleate.

Nel marzo 1923 Giovanni Agnelli viene nominato senatore del Regno, unico fra i grandi industriali italiani a beneficiare del titolo nella prima infornata di nomine del nuovo regime fascista.
A partire dal 1929, inoltre, il governo provvide a sottrarre la Fiat agli effetti più gravi della crisi economica mondiale, concedendo al gruppo torinese un monopolio protetto. Nel 1939, alla presenza di Mussolini, venne inaugurato il nuovo immenso stabilimento di Mirafiori, costruito su un'area di oltre un milione di metri quadrati. Nel settembre 1939 Agnelli aveva assicurarato al "duce" che, in caso di mobilitazione, la produzione delle vetture di piccola cilindrata avrebbe potuto essere convertita integralmente in lavorazioni di impiego militare entro sei mesi.
Nel corso della Seconda guerra mondiale, i bombardamenti dell'autunno-inverno del 1942 provocarono gravi danni alla Fiat e segnarono la svolta finale nell'atteggiamento di Agnelli, il quale diede il proprio sostegno al colpo di Stato del 25 luglio 1943. Negli ultimi mesi di guerra concesse inoltre sovvenzioni al movimento partigiano e stabilì rapporti economici con gli anglo-americani.

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Il fatturato che la Fiat ha realizzato nelle guerre tra il 1911 e il 1945, tuttavia, impallidscono di fronte a quelli del complesso militare-industriale degli Stati Uniti, che ha realizzatro enormi profitti anche durante i 20 anni di occupazione dell'Afghanistan:
 
    The Intercept: Afghanistan War Defense Stocks
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