martedì 19 febbraio 2013

rapporto GEAB n 72


Rapporto sulla crisi sistemica globale 

Secondo semestre 2013:  la realtà o l'anticipazione del crollo del dollaro obbligano il mondo a riorganizzarsi su nuove basi

Così come la crisi dell'Euro ha spinto l'Europa a modernizzare la sua politica di gestione economica e finanziaria per potersi adattare alle sfide del XXI secolo, la terribile crisi del dollaro obbligherà il pianeta a trasformare l'intera struttura amministrativa mondiale, a cominciare dal sistema monetario internazionale, se si vorrà riuscire a calmare la tempesta che si appresta a scoppiare fra le valute.
Secondo le nostre anticipazioni questa riorganizzazione, che comincerà a concretizzarsi solo a partire dal G20 di settembre, rischia di dover invece avvenire molto prima; la nostra equipe prevede infatti i primi grandi sconvolgimenti della moneta statunitense già a partire dal marzo-giugno 2013.

Una frase di Antonio Gramsci descrive magnificamente il lungo e pericoloso periodo di transizione che stiamo vivendo attualmente: "Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri".
Questo periodo, alla fine, sta terminando, ma i mostri si agitano ancora.
Non è una sorpresa affermare che uno dei principali fattori che accelereranno il declino dell’influenza statunitense sul resto del mondo, è legato al petrolio. Stiamo infatti assistendo agli ultimi giorni dei petrodollari, elemento chiave della dominazione USA.

In questa comunicazione pubblica del rapporto GEAB n. 72, la nostra squardra ha scelto di presentare una serie di indici convergenti sulla crisi che la vedranno al suo massimo stato di allerta in quanto "crisi sistemica globale" per il periodo marzo-giugno 2013.

Una raffica di segni inerenti alla crisi, ovvero perché consideriamo lo stato di allerta riferito al periodo marzo-giugno 2013.
Dall’ultimo mese a oggi, la linea di convergenza dei principali indici di tendenza che annuncia l’approssimarsi di una catastrofe per il periodo marzo-giugno 2013 si è ulteriormente rinforzata.
Innanzitutto la “guerra delle valute", che sta assumendo una dimensione politica ed inizia a minare la fiducia reciproca dei paesi. Qui di seguito svilupperemo la nostra analisi al proposito.
Ma non vanno sottovalutati neppure i numerosi indici interni che dovrebbero far suonare a martello le campane di allarme al riguardo degli Stati Uniti.

Con la decisione di effettuare in tempi diversi la discussione sui tagli al budget / aumento delle tasse e quella relativa al tetto del debito, gli americani hanno raddoppiato lo scossone in arrivo: ce n’era uno solo a fine febbraio / inizio marzo, ora se ne è aggiunto un altro a maggio.
Questa separazione rivela in modo chiaro la strategia dei repubblicani. Sicuramente eserciteranno una forte opposizione all’innalzamento del tetto del debito con lo scopo di diminuire ulteriormente la spesa, ma alla fine si sentiranno obbligati a votare comunque per un aumento del tetto per non correre il rischio di essere ritenuti responsabili per il disastro che potrebbe seguire ad un default.

In ogni caso, con questi tagli di bilancio ai primi di marzo, e dopo una "sorprendente" e in gran parte ignorata caduta del PIL statunitense nel quarto trimestre del 2012.

Il probabile annuncio per la fine di aprile di una nuova caduta degli Stati Uniti nella recessione (due trimestri consecutivi di calo del PIL) farà sicuramente la sua brava impressione sull'economia mondiale.
Fortunatamente è stata approntata una "diga" per evitare queste onde: per esempio, ad Egan Jones, un'agenzia di rating del credito meno nota delle sue tre sorelle maggiori (quella, per intenderci, che ha già declassato gli Stati Uniti ad AA- per tre volte), è stato proibito di valutare il rating del paese per 18 mesi, che bella coincidenza!
Inoltre è in corso un’azione legale nei confronti di una fra le tre principali agenzie di rating del credito, S&P, l'unica delle tre che abbia avuto il coraggio di effettuare il downgrade degli Stati Uniti: una seconda felice coincidenza!
Così gli altri sono avvisati: devono solo stare attenti a come muovono i loro passi.

Questa "diga", sebbene inutile, rivela peraltro che il il livello di paura è ai suoi massimi per quanto riguarda il 2013, e questo è solo un ulteriore segno dell’imminenza di un grosso scossone.
E' anche in questa prospettiva che va considerata la decisione presa il primo gennaio 2013, ovvero quella sulla garanzia di credito illimitata assicurata dalla FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation): essendo la garanzia ora estesa solo fino a 250mila dollari, non sarebbero più garantiti i 1.400 miliardi di dollari, cosa che, in caso di problemi, potrebbe convenientemente evitare il fallimento della FDIC ...
Pare inoltre che gli addetti ai lavori della finanza mondiale si stanno preparando: enormi puntate a breve sono state collocate con le opzioni per scadenze fino alla fine di aprile; due banche svizzere stanno cambiando il loro status in modo che i loro partner non siano più personalmente responsabili per le perdite della banca; Eric Schmidt ha venduto 2,5 miliardi di dollari di azioni di Google; ecc.

Ma non sono solo i mercati che si stanno preparando al peggio.


Il governo stesso degli Stati Uniti pare si aspetti lo scoppio di disordini e grandi violenze: tanto è vero che prima di tutto ha armato il suo dipartimento di sicurezza interna (Department of Homeland Security) con 7mila fucili d'assalto e decine di milioni di cartucce; quindi Obama, con grande disappunto di una parte dell'opinione pubblica degli Stati Uniti, ha firmato una legge che permette la pura e semplice “esecuzione” di coloro che possano rappresentare una "minaccia imminente": una definizione inquietante anche perché vaga ...

Fallimenti bancari: verso una «islandizzazione» della gestione della crisi bancaria
Di fronte a questo possibile shock, il nostro team ritiene che la maggior parte dei paesi, compresi gli USA, potrebbero prendere in considerazione di applicare alla gestione della crisi uno "stile islandese", ovvero: rinunciare al salvataggio delle banche per farle collassare.
Ne abbiamo già avuto un anticipo con la liquidazione della banca irlandese IBRC, cosa che ha messo in testa alla gente molte idee: "come l'Irlanda ha liquidato i suoi albatros bancari in una sola notte".

Questa possibilità appare sempre più essere la soluzione in caso di una ricaduta delle banche, e questo per i seguenti motivi: - in primo luogo, a giudicare dalla ripresa islandese, sembra molto più efficace dei piani di salvataggio posti in essere nel 2008-2009; - in secondo luogo, in tutta verità, i paesi non hanno abbastanza risorse per finanziare nuovi salvataggi; - infine, non si può negare che potrebbe essere davvero una grande tentazioni per i leader politici: liberarsi in un modo popolare di una parte dei debiti e dei "titoli tossici" che ingombrano la loro economia.

Queste banche "troppo grandi per fallire" si sono infatti rimpinzate di debito occidentale pubblico e privato dal quale hanno ottenuto tutti i loro profitti e tutto il loro potere.
Nei GEAB passati la nostra equipe aveva già stabilito una possibile similitudine fra una banca come la Goldman Sachs (per esempio) e i Cavalieri Templari: un ordine militare medievale che, speculando sulle spalle delle nazioni di allora, era cresciuto diventando incredibilmente ricco, e aveva stimolato in re Filippo il Bello di Francia la tentazione di deciderne la fine e sequestarne l'oro per rimpinguare le casse dello Stato. Cosa che effettivamente avvenne il 13 ottobre 1307.

E' possibile quindi individuare alcune delle tendenze attualmente in corso: gli sforzi che alcuni Stati stanno compiendo per spingere le banche a separare i fondi per gli investimenti dai depositi bancari sarebbe infatti il tentativo di garantire che eventuali difficoltà nei primi non abbiamo troppo impatto sui secondi.
Lungo la stessa linea di ragionamento, tutte le cause in cui sono attualmente coinvolte alcune grandi banche (per esempio Barclays), possono anche essere viste come un mezzo per recuperare da loro il denaro per poi iniettarlo nuovamente nelle casse degli stati o nell'economia reale...

I responsabili politici dei principali paesi, probabilmente, non se la sentiranno di prendere la decisione di far "saltare in aria" una banca; se una certa indulgenza potrebbe essere mostrata nei riguardi di coloro che sono "troppo grandi per fallire", come per esempio la Bank of America che attualmente pare essere in difficoltà, certo è che le responsabilità per gli errori compiuti verranno in un prossimo futuro fatte scontare senza riserve.
Ma qualunque siano le misure che verranno adottate in questo periodo, come già vi avevamo anticipato nel rapporto GEAB n 62, questo nuovo scossone accelererà il declino dell’influenza degli Stati Uniti e, in particolare, minerà alla base la loro ultima arma: il dollaro.



fonte: www.leap2020.eu




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