venerdì 5 luglio 2013

spiegato il Quantitative Easing


Il paese che in principio iniziò ad armeggiare col cosiddetto quantitative easing fu il Giappone al principio degli anni '90 a seguito del crash del Nikkeimercato azionario. In un disperato tentativo di ripristinare la vecchia euforia, la BoJ si imbarcò in tentativi di stimolare l'economia attraverso la stampante monetaria. Il metodo può essere duplice: o aumentare la valuta in circolazione o aumentare le riserve monetarie sotto forma di cifre su un computer. In entrambi i casi la banca centrale aumenta il suo bilancio; poi è chiaro che più asset compra, più aumenterà l'offerta di denaro.
Il risultato di questa politica è la svalutazione della moneta che, secondo il contorto raziocinio dei pianificatori centrali, stimolerà l'economia attraverso il rilancio delle esportazioni. Ovviamente il rovescio della medaglia vuole che le importazioni siano più costose e il tasso di cambio sia favorevole alle nazioni che intendono fare "razzia" dei prodotti fabbricati nella nazione svalutante. Il mercato non rimane per sempre in questo stato e si aggiusta; o per meglio dire, i prezzi si aggiustano ad un nuovo equilibrio.

Se quindi nel breve termine ci possono essere dei guadagni, essi sono illusori perché nel lungo termine tale politica non farà altro che impoverire la popolazione interna. Qualche mese fa la BoJ c'ha riprovato, ma i risultati deleterei sono arrivati quasi subito andando a placare l'euforia che aleggiava nel paese nipponico. La FED nel 2009 ha iniziato ad adottare la stessa strategia utilizzata dai banchieri centrali del Sol Levante, andando ad inzeppare il proprio bilancio di titoli-pattume che nessuno avrebbe voluto ai prezzi gonfiati artificialmente durante il boom. Provate ad immaginare cosa sarebbe successo se la FED non avesse comprato quei titoli sotto stress dopo il bust.

Beh, il settore immobiliare avrebbe potuto essere ripulito dalla capacità in eccesso che aveva accumulato nel corso degli anni della bolla, raggiungendo prezzi talmente bassi da permettere alle persone in difficoltà finanziarie di poter acquistare di nuovo un'abitazione. Tutte quelle entità legate alla bolla immobiliare sarebbero andate in default, comprese le banche invischiate nella concessione di prestiti facili. Chissà, forse con un solo centesimo avreste potuto comprare tutto il comparto bancario americano (anche perché in realtà tanto vale).

Invece si è preferito percorrere la via più facile andando a salvare le chiappe a coloro che hanno agito in maniera sconsiderata rimuovendoli temporaneamente dal giudizio del mercato. Anche lo stao ha ottenuto i suoi "pasti gratis," perché vedeva la banca centrale disposta ad essere l'acquirente ultimo del suo debito. Questo ha consentito allo stato di incrementare le sue spese ed i suoi deficit, ma ciò ha un prezzo e questo prezzo viene pagato sotto forma di tassi di interesse artificialmente bassi. Un tale panorama crea squilibri sia nel consumo che nei piani di produzione generando attività in bolla che drenano risorse da quelle attività generatrici di ricchezza.

Ormai il bilancio della maggior parte delle banche centrali mondiali vede come asset predominante i bond degli stati, messi negli attivi per garantire il loro debito e fornire loro liquidità per rimanere a galla. Vengono quindi salvate entità connesse con l'establishment a scapito di coloro che non lo sono, vale a dire la popolzione. Un deleveraging senza fine per uno ed un releveraging senza fine per l'altro.

Dati questi fondamentali corrotti e illusori, è una questione di tempo prima che le cose sfuggano di mano.







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