lunedì 6 maggio 2013

Nigel va preso sul serio



Sarà perché sono cresciuto alla scuola di Indro Montanelli, ma a me quelli che parlano chiaro e hanno il coraggio di esporsi in persona piacciono; li ammiro anche quando non sono del tutto d’accordo con loro o lo sono solo in parte. Nigel Farage, il leader del Independence party (Ukip) che ha appena vinto alle elezioni britanniche, appartiene a questa stirpe. Lo seguo da tempo ammirandone l’eloquio, straordinario, e l’audacia dei suoi interventi all’Europarlamento contro le lobby e la nomenklatura che domina l’Europa. Ogni volta che l’ho ascoltato, ho pensato: questo ha una marcia in più.

Non mi sono però meravigliato nel vedere come i grandi media nazionali hanno dato la notizia del suo trionfo alle elezioni britanniche. Quasi nessuno l’ha data in prima pagina, ma solo all’interno con titoli nei quali è apparsa subito la parola magica: “populista”. L’aggettivo che da un paio di decenni serve a marchiare chiunque esca dall’ortodossia di destra o di sinistra. E’ un riflesso condizionato che ha un certa efficacia, in quanto riduce il pericolo di un contagio e di un effetto emulativo negli altri Paesi.
Ma Nigel Farage non è un populista. Non lo è nell’aspetto, inappuntabile, rassicurante, da uomo d’affari quale è stato in passato; non lo è nelle argomentazioni sempre puntuali, motivate, competenti e non lo è neppure nelle origini politiche considerato che si richiama e legittimamente può proporsi come l’erede della Thatcher. Con idee forti e non sempre condivisibli, ma sempre motivate.
Non è un Beppe Grillo inglese: è molto più solido, strutturato, preciso nella visione politica (vedi al riguardo la lucida analisi di Stefano Magni)
Claudio Messora, autore del blog Byoblu, lo aveva intervistato un anno fa. (vedi video qui sotto)
Ecco alcuni passaggi chiave:
La mia visione dell’evoluzione della societá umana é che se vogliamo avere scuole, ospedali e stato sociale, per avere tutte queste cose devi creare profitto! Perché é grazie al profitto che la gente paga le tasse. E ció che abbiamo adesso in questa unione europea é qualcosa che si definisce libero mercato ma che in realtá è totalmente controllato dagli stati, completamente nelle mani di grandi banche e multinazionali, che sta bloccando la genuina libera impresa e le piccole, medie imprese dal nascere e svilupparsi, e stiamo assistendo alla bassa crescita, a un disastroso indebitamento, un vero brutto affare per coloro per i quali, io credo, queste cose sono state pensate e realizzate: la parte debole della societá. Dobbiamo fare soldi, realizzare profitti, dobbiamo competere con il Brasile, con l’India, con la Cina e con tutto il mondo intero in via di sviluppo. Ma tutto ció che stiamo facendo é avvolgerci in un mantello che dice: “Oh, si puó lavorare meno, si deve guadagnare di piú,” “si puó andare in pensione prima.” Non funziona. Non paga. Una volta pensato attentamente a tutto questo, il mercato é ció che dà profitto, il profitto ci dá le tasse, le tasse ci danno il buono stato sociale in ogni stato libero.
E ancora:
Il mio partito non é anti-europeo affatto. Vogliamo un’Europa con cui fare affari, collaborare, saremo perfino ottimi vicini di casa. Personalmente ho un grande affetto per l’Italia e gli Italiani, e per 7 anni, quando facevo un lavoro diverso quando ero nel business, ho avuto un’agenzia a Milano ed ho speso un sacco di tempo a girare l’Italia, in affari con aziende italiane. E, come ho detto in precedenza, noi non siamo meglio, non siamo peggio, siamo certamente, peró, molto differenti da voi. Rimaniamo con le nostre proprie forme di governo, monete, lingue, culture. Saremo uniti, faremo affari, saremo amici e buoni vicini e ci siederemo attorno a un buon piatto di spaghetti con il vostro delizioso vino, e saremo amici. Ma non dovremmo essere forzati insieme nella stessa unione politica, e il mio partito continuerá a portare avanti questa politica, per un Regno Unito libero, indipendente e democratico, non governato da Herman Van Rompuy, Barroso o altri orribili insignificanti burocrati che adesso stanno comandando le vite di 500 milioni di persone, nei fusi orari europei.
Vi chiedo: queste sono parole di un pericoloso estremista o di un intellettuale coraggioso, di un liberale moderato, di un vero democratico?
Merita davvero di essere liquidato come “populista”? O forse sono le sue idee, così semplici eppure rivoluzionare, a far paura? E’ così scandaloso informarsi, riflettere, discutere?

  Marcello Foa


articolo completo su: blog.ilgiornale.it




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