sabato 15 settembre 2018

Turchia costretta a liquidare riserve

 
Il grafico sopra (fonte Bloomberg) mostra che le partecipazioni settimanali segnalate dalla Banca Centrale della Turchia sono calate di un enorme 20% dal 15 giugno a 15,5 milioni di once, con la maggior parte dell'esodo - 3,3 miliardi di dollari - scatenate dalla decisione della banca centrale il mese scorso di abbassare i requisiti di riserva.
 

Quindi, in preda al panico per cercare liquidità e rassicurare gli investitori sulla loro capacità di ripagare le obbligazioni in scadenza, le banche turche hanno prelevato riserve di oro per un valore di 4,5 miliardi di dollari, che poi hanno venduto in cambio di attività "più liquide".

Considerando gli anni scorsi, tuttavia, le riserve di oro della Turchia restano comunque in un trend di lungo periodo in crescita.

giovedì 6 settembre 2018

flussi in uscita dal fondo GLD


Il grafico sopra, di fonte Bloomberg, evidenzia il trend dei flussi di fondi in uscita dal GLD, il maggior fondo ETF con l'oro come sottostante. Ogni barra indica un mese, a partire dal maggio 2017.
Possiamo notare come i movimenti rigiardano soprattutto gli investimenti da parte di soggetti del Nordamericani (indicati dal colore viola).
La fuga di capitali di maggiore entità si era verificata nel luglio 2017, però il trend (indicato dalla linea continua) si è girato al ribasso dal gennaio di quest'anno.


lunedì 3 settembre 2018

avvertimento dal gold strategist di Van Eck

Sebbene l’andamento dell’oro e delle azioni delle società aurifere sia stato negativo per un periodo più lungo di quanto ipotizzato, i rischi potenziali attualmente esistenti sui mercati finanziari indicano che gli investitori che hanno puntato su strategie di lungo periodo potrebbero vedersi ricompensati. "L’esplosione del debito statunitense potrebbe innescare una nuova crisi. Il primo paese a farne le spese dovrebbe essere la Cina, primo detentore di titoli del Tesoro statunitense", afferma Joe Foster, Portfolio Manager e Gold Strategist di VanEck
Sei fattori al momento depongono a favore di una nuova crisi e quindi di un andamento potenzialmente positivo dell’oro e delle azioni in società aurifere:
1) Attualmente i prestiti agli studenti garantiti dallo Stato ammontano a quasi 1400 miliardi di dollari USA, pari, secondo i dati di novembre del Ministero dell’Istruzione statunitense, a un gap finanziario di 36 miliardi di dollari USA. Ancora l’anno precedente il disavanzo veniva stimato in 8,4 miliardi di dollari. Secondo Foster, questo trend rappresenterebbe un onere enorme per i contribuenti.

2) Nell’anno in corso la spesa per le assicurazioni sociali supererà le entrate, sebbene solo l’anno scorso si prevedesse che ciò non sarebbe avvenuto prima del 2021.

3) I debiti delle imprese si attestano al 45% del prodotto interno lordo. L’ultima volta che è stata registrata questa percentuale era il 2008, anno della crisi finanziaria, e precedentemente in concomitanza con lo scoppio della bolla delle dot.com nel 2001.


4)  Secondo i dati del Wall Street Journal, il volume globale dei prestiti a leva avrebbe raggiunto lo scorso anno un nuovo record (1600 miliardi di dollari USA), mentre il volume delle nuove emissioni avrebbe superato il precedente picco del 2007.

5) Lo scorso mese di marzo il Grant’s Interest Rate Observer ha citato un rapporto di Bianco Research secondo cui il 14,6% delle società dell’S&P sarebbero società zombie, incapaci di pagare gli interessi passivi esistenti con l’utile al lordo di interessi e imposte, afferma Foster. Nel quarto trimestre 2007, immediatamente prima della grande recessione, tale valore si attestava al 5,7%.
 

6) In breve, sommando il deficit di bilancio degli Stati Uniti con il debito pubblico e quello delle imprese si toccherebbe, secondo i dati di Gluskin Sheff, l’esorbitante cifra di 50mila miliardi di dollari USA, pari al 250% del prodotto interno lordo e superiore del 25% al volume complessivo raggiunto allo scoppio della bolla del credito.
6) Non sembra al momento che gli Stati Uniti stiano lavorando per stabilizzare o addirittura ridurre la crescita del debito. E gli stessi elettori non richiamano all’ordine i loro decisori politici. Se quest’andamento non verrà arrestato, è probabile che s’inneschi una nuova crisi, spiega Foster.
 

Rispetto alla crisi finanziaria del 2008, la causa non sarebbero questa volta i mutui subprime, ma il debito pubblico elevato. La politica attualmente non sembra comunque interessata ad aumentare le tasse o a ridurre la spesa

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