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Nel grafico sopra: andamento del future dell'oro a New York, con barre settimanali.
Per quanto riguarda la stagionalità delle quotazioni dell'oro, spesso in giugno abbiamo visto un punto di svolta, con un massimo o un minimo.
Questa volta dovremmo vedere un massimo, quindi qualsiasi calo dei prezzi arriverà in autunno.
Una chiusura settimanale sopra 1239 dolalri per oncia dovrebbe confermare la tendenza rialzista. La resistenza chiave si trova tecnicamente in zona 1309. In caso di un significativo rialzo del'oro, potrebbe verificarsi contemporaneamente un ribasso di breve termine del mercato azionario per cercare di indirizzare flussi di capitali verso i titoli del debito pubblico.
fonte: armstrongeconomics.com
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La parte superiore del grafico indica l'andamento dei prezzi dell'argento, espressi in dollari per oncia, alla borsa del Comex, negli ultimi quattro anni.
Nella parte inferiore del grafico è evidente la crescita delle scorte di argento fisico nei forzieri del gigante bancario J.P. Morgan.
interessante articolo favorevole all'argento sul Telegraph
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Dopo il dato deludente delle vendite al dettaglio negli USA, reso noto alle 14:30, l'oro è salito con forti volumi oltre i 1213 dollari per oncia, buccando al rialzo la media mobile a 100 giorni.
Resta da superare la media mobile a 200 giorni, che si trova al livello 1222,50.
Quest'ultima media è tenuta in considerazione da molti gestori di fondi comuni, che potrebbero quindi girare le loro posizioni speculative al rialzo.
Notizia appena uscita:
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 12 maggio - La Grecia ha completato il
pagamento del rimborso al Fondo Monetario Internazionale del prestito
da 750 milioni di euro in scadenza oggi.
Secondo il quotidiano
ellenico 'Kathimerini' il Paese avrebbe utilizzando 650 milioni di
euro di riserve Sdr (diritti speciali di prelievo) detenute presso l'Fmi che dovranno essere ricostituite entro un mese.
In pratica lo FMI ha pagato se stesso per conto della Grecia con soldi di cui la Grecia non dispone.
La Grecia ormai è fallita ma non vogliono dirlo ...
La nuova droga di Wall Street si chiama buyback. Ecco come funziona «e perché rischia di farci male»
di Enrico Marro
La nuova droga finanziaria che va di moda a Wall Street si chiama
buyback. Roba potente, in cui si scivola quando ci si cerca di
disintossicare dai vecchi stupefacenti, come l'ormai archiviato
Quantitative Easing della Federal Reserve.
Ma che cosa sono i buyback?
Sono
semplicemente il riacquisto delle proprie azioni da parte della società
che le ha emesse. E visto che una compagnia non può essere azionista di
se stessa, i titoli riacquistati vengono assorbiti e quindi cancellati.
Il valore delle azioni circolanti finisce così per incrementarsi:
essendocene meno sul mercato, ciascuna dà il diritto al possesso di un
pezzo più grande dell'azienda. Compro le mie azioni e così facendo le
faccio salire, assieme ai dividendi e – guarda caso - ai bonus dei top
manager. Un giochetto sempre più di moda, come mostrano i dati degli
ultimi anni. Vediamoli.
E' un giochetto sempre più di moda, nell'era dei tassi a zero: mi
indebito spendendo poco o nulla e guadagno perché le azioni della mia
società salgono. C'è anche questo dietro all'impressionante rally di
Wall Street degli ultimi anni, come dimostra l'indicatore che misura le
“dosi” di questa inebriante droga.
Tra i campioni del giochetto del buyback c'è Apple, il cui programma
di riacquisto di azioni proprie ha toccato quota 140 miliardi di
dollari. C'è anche questa magia dietro al volo delle azioni della Mela
(+40% nel 2014). Ma il fenomeno è diffuso in società di ogni ordine e
grado: Bloomberg l'anno scorso calcolava che le 500 maggiori società di
Wall Street hanno investito nei buyback circa mille miliardi di dollari,
pari al 95% dei loro profitti. Secondo Morgan Stanley dal 2012 più del
50% della crescita degli utili per azione si deve ai buyback: senza i
riacquisti, gli utili per azione dello S&P 500 sarebbero aumentati
di appena il 3,3% annualizzato.
In un mondo di bassa crescita e ritorni
fiacchi, la droga dei buyback sembra l'unica strada per remunerare gli
azionisti. Per continuare a sognare, insomma. Ma il sogno potrebbe
presto trasformarsi in incubo. Vediamo perché.
I buyback sono una droga piacevole e remunerativa, già nota durante
le bolle del 2000 e del 2007, ma alla lunga pericolosa. Per tante
ragioni, come spiega tra gli altri Alessandro Fugnoli, strategist di
Kairos. Primo: sono il modo meno produttivo di investire i profitti
aziendali. «Le società ammettono, usando il cash per acquistare azioni
proprie, di non avere molte idee per un uso produttivo della liquidità
o, peggio ancora, di non avere fiducia nel futuro del loro settore»,
spiega Fugnoli. Secondo: alla prossima crisi ci troveremo con un mercato
azionario «che cadrà da un livello gonfiato dai buyback e con società
con uno stato patrimoniale meno solido di quello che avrebbero avuto
restando ferme», sottolinea lo strategist di Kairos. E quelle che lo
stesso Warren Buffett definisce quotazioni “gonfiate” potrebbero
esplodere all'improvviso, precipitando. Senza contare il debito. Il
gioco del buyback prevede infatti che si prendano soldi in prestito a
tassi infimi.
Così, come ha ricordato ieri il Wall Street Journal, in
marzo il margin debt della Borsa di New York ha superato di slancio
quota 476 miliardi, il livello più alto degli ultimi cinquant'anni.
Tutto bello? Sì, finché la musica continua. Ma quando improvvisamente si
fermerà, nel fuggi fuggi generale la liquidità sul mercato secondario
rischia di prosciugarsi tutta d'un colpo. E allora sì che ne vedremo
delle belle.
fonte: il Sole 24 Ore